(...)
Adesso li
piego in quattro, in otto, in sedici
per tenere
occupate le dita. E ora mi ricordo
che ritmavo
così la musica quando andavo al Conservatorio
col
grembiule blu e il colletto bianco, con due trecce bionde –
8, 16, 32,
64 –
per mano a
un’amichetta-pesco tutta luce e fiori rosa,
(perdona
queste parole – una cattiva abitudine) – 32, 64 – e i miei riponevano
grandi
speranze nel mio talento musicale. Dunque, dicevo, la poltrona –
sventrata –
si vedono le molle arrugginite, la paglia –
pensavo di
portarla dal mobiliere qui accanto,
ma chi ha il
tempo, la voglia, i soldi – che cosa riparare per prima? –
pensavo di
buttarci su un lenzuolo – ho avuto paura
del lenzuolo
bianco con questo chiaro di luna. Qui si sono sedute
persone che
hanno sognato grandi sogni, come te, e come me del resto,
e che ora
riposano sottoterra senza che la pioggia o la luna li disturbi.
Lasciami
venire con te.
(...)
traduzione di Nicola Crocetti
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