2 luglio 2017

da "La sonata al chiaro di luna" - Ghiannis Ritsos

opera di Juan Medina
da "La sonata al chiaro di luna" - Ghiannis Ritsos
(...)

Lasciami venire con te. Un momento, che prendo la mia maglia.
Con questo tempo instabile, comunque, dobbiamo premunirci.
C’è umidità la sera, e la luna
non ti pare, davvero, che faccia aumentare il fresco? Lascia che ti abbottoni la camicia –
che petto forte hai,
– che luna forte, – la poltrona, dico – e quando sollevo la tazzina dal tavolo
resta sotto un foro di silenzio, vi poso su la mano
per non guardare dentro, – rimetto la tazzina al suo posto;
anche la luna è un foro nel cranio del mondo – non guardarci dentro,
è una forza magnetica che attira – non guardare, non guardate,
ascoltate quello che vi dico – vi cadrete dentro. Questa bella vertigine,
leggera – attento, cadi –
è un pozzo di marmo la luna,
si muovono ombre, ali mute, voci misteriose – non le udite? Profonda la caduta,
profonda la risalita,
l’aerea statua tesa tra le sue ali aperte,
profonda l’implacabile carità del silenzio, –
luci tremule sull’altra riva, mentre oscilli sulla tua stessa onda,
respiro dell’oceano. Leggerissima, bella
questa vertigine – sta’ attento che cadi. Non guardare me,
il mio posto è l’oscillazione – la stupenda vertigine. Così ogni sera
ho un po’ di mal di testa, certi capogiri. Spesso faccio un salto alla farmacia di fronte, per
qualche aspirina,
a volte non mi va e resto col mal di testa
a sentire il rumore sordo dei tubi dell’acqua dentro i muri,
o mi faccio un caffè; sempre distratta
e smemorata, ne preparo due – chi berrà il secondo? –
buffo davvero, lo lascio sul davanzale a raffreddarsi,
o a volte bevo anche l’altro, guardando dalla finestra la lampada verde della farmacia
come la luce verde di un treno silenzioso che mi viene a prendere
con i miei fazzoletti, le mie scarpe sformate, la mia borsa nera, le mie poesie,
senz’alcuna valigia – farne che?
Lasciami venire con te. Ah, te ne vai? Buonanotte. No, non vengo. Buonanotte.
Tra poco esco. Grazie. Perché infine bisognerà
che esca da questa casa rotta.
Devo vedere un po’ di città – no, non la luna –
la città con le sue mani callose, la città del salario quotidiano,
la città che giura sul pane e sul suo pugno,
la città che ci regge tutti in spalla
con le nostre miserie, le cattiverie, le nostre inimicizie,
con le nostre ambizioni, la nostra ignoranza e la vecchiezza –
devo sentire i grandi passi della città,
per non sentire più i tuoi passi
né i passi di Dio, né i miei passi. Buonanotte. 

traduzione di Nicola Crocetti

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