2 luglio 2017

da "La sonata al chiaro di luna" - Ghiannis Ritsos

Andrew Wyeth- Sunflowers
da "La sonata al chiaro di luna" - Ghiannis Ritsos
(...)
Lasciami venire con te. A volte, quando fa sera, ho la sensazione
che fuori dalle finestre passi l’ambulante con la sua vecchia orsa pesante
dal pelo pieno di spine e lappole
sollevando la polvere sulla strada del quartiere,
una nube solitaria di polvere che incensa il crepuscolo,
e i bambini sono tornati alle loro case per la cena e non li lasciamo più uscire
benché dietro i muri loro indovinino i passi della vecchia orsa –
e l’orsa stanca incede nella saggezza della sua solitudine, senza un dove e un perché –
s’è appesantita, non riesce più a ballare sulle zampe posteriori,
non riesce a portare la cuffia merlettata per far divertire i bambini, gli sfaccendati, gli esigenti, vuole solo stendersi in terra
lasciando che le calpestino il ventre, giocando così il suo ultimo gioco
mostrando la sua tremenda forza di rinuncia,
la sua disobbedienza agli interessi altrui, agli anelli nelle labbra, alla necessità dei denti, la sua disobbedienza al dolore e alla vita
con l’alleanza certa della morte – foss’anche di una morte lenta –
la sua estrema disobbedienza alla morte con la continuità e la cognizione della vita
che con la conoscenza e l’azione sale al di sopra della sua schiavitù. Ma chi può giocare
fino alla fine questo gioco?
E l’orsa si rialza e cammina
obbediente al suo laccio, agli anelli, ai denti,
sorridendo con le labbra lacere alle monete dei bambini belli e privi di sospetto
(belli proprio perché privi di sospetto)
dicendo grazie. Perché gli orsi invecchiati
hanno solo imparato a dire: grazie, grazie.
Lasciami venire con te. Questa casa mi soffoca. Anzi la cucina
è come il fondo del mare. I bricchi appesi brillano
come grossi occhi tondi di incredibili pesci,
i piatti si muovono lenti come meduse,
alghe e conchiglie mi s’impigliano tra i capelli – non riesco più a staccarle,
non riesco a risalire in superficie –
il vassoio mi cade di mano senza rumore, – mi accascio
vedo salire, salire le bolle del mio respiro
tento di svagarmi guardandole
e mi chiedo cosa direbbe chi dall’alto vedesse queste bolle,
forse che qualcuno annega o che un sommozzatore sta esplorando gli abissi? E davvero,
non di rado scopro lì, nel fondo dove annego,
coralli e perle e tesori di navi naufragate,
incontri imprevedibili, di ieri, di oggi e del futuro,
quasi una conferma di eternità,
un certo sollievo, un certo sorriso d’immortalità, come si dice,
una felicità, un’ebbrezza, perfino un entusiasmo,
coralli, perle e zaffiri;
solo che non so donarli – no, li dono;
solo che non so se loro possono prenderli – comunque io li dono. 
(...)
traduzione di Nicola Crocetti

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