da “Gabriella garofano e cannella – Jorge Amado
(…)
Infilò la chiave nella serratura, entrò nel corridoio, la sala era illuminata. Un ladro? O la nuova cameriera aveva dimenticato la luce accesa? Entrò in punta di piedi e la vide addormentata sulla poltrona con i lunghi capelli sparsi sulle spalle. Una volta lavati erano diventati una chioma morbida, nera, ondulata.
Aveva indossato abiti puliti, certamente quelli che c’erano nel suo fagotto. Uno strappo nella gonna scopriva un pezzo di coscia color cannella, i seni salivano e scendevano dolcemente nel ritmo del sonno, il viso sorrideva.
- Dio mio! - Nacib non credeva ai propri occhi. Rimase a spiarla, in una sorta di trasognato stupore, per come tanta bellezza potesse, a volte, nascondersi sotto la polvere. Con il braccio armonioso abbandonato, con il volto bruno sorridente nel sonno, addormentata sulla poltrona, sembrava un quadro. Ma quanti anni avrebbe potuto avere? Era corpo di donna giovane, con lineamenti di bambina.
- Dio mio, che meraviglia! - mormorò l’arabo quasi con devozione.
Al suono della sua voce, ella si svegliò spaurita, ma subito sorrise e parve che anche tutta la stanza sorridesse con lei. Si mise in piedi, tentando di aggiustarsi gli stracci che indossava, semplice e chiara come la luce della luna.
- Perché non sei andata a dormire? - fu tutto quanto Nacib riuscì a balbettare.
- Il signore non me l’ha ordinato...
- Che signore?
- Lei... Ho già lavato la roba e ho riordinato la casa, poi sono rimasta ad aspettare e sono cascata dal sonno, - una voce cantante da nordestina.
Da lei emanava profumo di garofano, forse dai capelli, chi sa.
- È proprio vero che sai cucinare?
Luci ed ombre fra i capelli, gli occhi bassi, il piede destro che toccava leggero il pavimento come per iniziare una danza.
- Sì, signore. Ho lavorato in casa di gente ricca, mi hanno insegnato. Anzi, mi piace cucinare... - sorrise e tutto sorrise con lei, e perfino l’arabo Nacib sorrise lasciandosi cadere su di una sedia.
- Se è vero che sai cucinare ti darò una buona paga. Il doppio di quella che si dà ad Ilhéus. Se il lavoro ti sembrerà troppo pesante puoi prenderti una ragazzina che ti aiuti. La vecchia Filomena non la voleva, non l’ha mai voluta. Diceva che non era moribonda per aver bisogno di aiutanti.
- Neanche io ne ho bisogno.
- E per la paga? Cosa mi dici?
- Faccia lei, per me va sempre bene...
- Vediamo come viene il pranzo di domani. Lo manderò a prendere dal cameriere. Mangio sempre al bar. Adesso...
Lei rimase come in attesa, col sorriso sulle labbra, con quel chiarore di luna fra i capelli e profumo di garofano.
- ...adesso va a letto, perché è già tardi.
La ragazza si avviò, egli rimase a guardarle le gambe, l’ondeggiare armonioso del corpo, il pezzo di coscia color cannella. Lei si voltò:
- Allora buona notte, padrone...
Disparve nel buio del corridoio, a Nacib parve che ella mormorasse sottovoce: “Bel ragazzo... ” Si alzò come per chiamarla. No, l’aveva detto nel pomeriggio al mercato. Se l‘avesse richiamata avrebbe potuto spaventarla, aveva un’aria così ingenua, forse addirittura era ancora vergine... Bisognava lasciar fare al tempo. Nacib si tolse la giacca, l’appese alla sedia, si tolse la camicia. Il profumo era rimasto nella stanza, quel profumo di garofano. L’indomani le avrebbe comprato un vestito di cotonina, anche un paio di sandali. Glieli avrebbe regalati senza scontarli dalla paga. Sedette sul letto, sciolse i lacci delle scarpe.
Era stato davvero un giorno strano. Molte cose erano accadute. Indossò la camicia da notte. Bruna e tutto il resto, questa cameriera. E certi occhi, Gesù... Quel colore abbronzato era il colore che più gli piaceva. Si distese, spense la luce. Il sonno lo vinse, un sonno agitato, sognò Sinhazinha, nuda con le calze nere, distesa sul ponte di una nave straniera che entrava nel porto, Osmundo fuggiva su una camionetta, Jesuino sparava su
Tonico, Mundinho Falcão appariva con donna Sinhazinha, tornata viva, che sorrideva a Nacib a braccia aperte, ma era una Sinhazinha con i lineamenti bruni del volto della nuova cameriera. Però non gli fu possibile raggiungerli perché leivolava danzando verso il cabaret.
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Infilò la chiave nella serratura, entrò nel corridoio, la sala era illuminata. Un ladro? O la nuova cameriera aveva dimenticato la luce accesa? Entrò in punta di piedi e la vide addormentata sulla poltrona con i lunghi capelli sparsi sulle spalle. Una volta lavati erano diventati una chioma morbida, nera, ondulata.
Aveva indossato abiti puliti, certamente quelli che c’erano nel suo fagotto. Uno strappo nella gonna scopriva un pezzo di coscia color cannella, i seni salivano e scendevano dolcemente nel ritmo del sonno, il viso sorrideva.
- Dio mio! - Nacib non credeva ai propri occhi. Rimase a spiarla, in una sorta di trasognato stupore, per come tanta bellezza potesse, a volte, nascondersi sotto la polvere. Con il braccio armonioso abbandonato, con il volto bruno sorridente nel sonno, addormentata sulla poltrona, sembrava un quadro. Ma quanti anni avrebbe potuto avere? Era corpo di donna giovane, con lineamenti di bambina.
- Dio mio, che meraviglia! - mormorò l’arabo quasi con devozione.
Al suono della sua voce, ella si svegliò spaurita, ma subito sorrise e parve che anche tutta la stanza sorridesse con lei. Si mise in piedi, tentando di aggiustarsi gli stracci che indossava, semplice e chiara come la luce della luna.
- Perché non sei andata a dormire? - fu tutto quanto Nacib riuscì a balbettare.
- Il signore non me l’ha ordinato...
- Che signore?
- Lei... Ho già lavato la roba e ho riordinato la casa, poi sono rimasta ad aspettare e sono cascata dal sonno, - una voce cantante da nordestina.
Da lei emanava profumo di garofano, forse dai capelli, chi sa.
- È proprio vero che sai cucinare?
Luci ed ombre fra i capelli, gli occhi bassi, il piede destro che toccava leggero il pavimento come per iniziare una danza.
- Sì, signore. Ho lavorato in casa di gente ricca, mi hanno insegnato. Anzi, mi piace cucinare... - sorrise e tutto sorrise con lei, e perfino l’arabo Nacib sorrise lasciandosi cadere su di una sedia.
- Se è vero che sai cucinare ti darò una buona paga. Il doppio di quella che si dà ad Ilhéus. Se il lavoro ti sembrerà troppo pesante puoi prenderti una ragazzina che ti aiuti. La vecchia Filomena non la voleva, non l’ha mai voluta. Diceva che non era moribonda per aver bisogno di aiutanti.
- Neanche io ne ho bisogno.
- E per la paga? Cosa mi dici?
- Faccia lei, per me va sempre bene...
- Vediamo come viene il pranzo di domani. Lo manderò a prendere dal cameriere. Mangio sempre al bar. Adesso...
Lei rimase come in attesa, col sorriso sulle labbra, con quel chiarore di luna fra i capelli e profumo di garofano.
- ...adesso va a letto, perché è già tardi.
La ragazza si avviò, egli rimase a guardarle le gambe, l’ondeggiare armonioso del corpo, il pezzo di coscia color cannella. Lei si voltò:
- Allora buona notte, padrone...
Disparve nel buio del corridoio, a Nacib parve che ella mormorasse sottovoce: “Bel ragazzo... ” Si alzò come per chiamarla. No, l’aveva detto nel pomeriggio al mercato. Se l‘avesse richiamata avrebbe potuto spaventarla, aveva un’aria così ingenua, forse addirittura era ancora vergine... Bisognava lasciar fare al tempo. Nacib si tolse la giacca, l’appese alla sedia, si tolse la camicia. Il profumo era rimasto nella stanza, quel profumo di garofano. L’indomani le avrebbe comprato un vestito di cotonina, anche un paio di sandali. Glieli avrebbe regalati senza scontarli dalla paga. Sedette sul letto, sciolse i lacci delle scarpe.
Era stato davvero un giorno strano. Molte cose erano accadute. Indossò la camicia da notte. Bruna e tutto il resto, questa cameriera. E certi occhi, Gesù... Quel colore abbronzato era il colore che più gli piaceva. Si distese, spense la luce. Il sonno lo vinse, un sonno agitato, sognò Sinhazinha, nuda con le calze nere, distesa sul ponte di una nave straniera che entrava nel porto, Osmundo fuggiva su una camionetta, Jesuino sparava su
Tonico, Mundinho Falcão appariva con donna Sinhazinha, tornata viva, che sorrideva a Nacib a braccia aperte, ma era una Sinhazinha con i lineamenti bruni del volto della nuova cameriera. Però non gli fu possibile raggiungerli perché leivolava danzando verso il cabaret.
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