4 luglio 2017

Il canto del miele – Federico Garcia Lorca

Pietro Di Cosimo - Scoperta del miele


Il canto del miele – Federico Garcia Lorca

Il miele è la parola di Cristo,
l'oro fuso del suo amore.
La perfezione del nettare,
la mummia della luce del paradiso.
L'arnia è una stella casta,
pozzo d'ambra che alimenta il ritmo
delle api. Seno delle campagne
vibranti d'aromi e di ronzii.
Il miele è l'epopea dell'amore,
la materialità dell'infinito.
Anima e sangue dolente dei fiori
condensata attraverso un altro spirito.
(Così il miele dell'uomo è la poesia
che sgorga dal suo cuore dolente,
da un favo con la cera del ricordo
formato dall'ape più segreta.)
Il miele è la poesia lontana
del pastore, la zampogna e l'olivo,
fratello del latte e delle ghiande,
regine supreme del secolo d'oro.
Il miele è come il sole del mattino,
ha tutta la grazia dell'estate
e l'antica frescura dell'autunno.
È la foglia appassita ed è il frumento.
O divino liquore dell'umiltà,
sereno come un verso primitivo!
Tu sei l'armonia incarnata,
la geniale essenza del lirismo.
In te dorme la malinconia,
il segreto del bacio e del grido.
Dolcissima. Dolce. Questo è il tuo aggettivo.
Dolce come il ventre delle donne.
Dolce come gli occhi dei bambini.
Dolce come le ombre della notte.
Dolce come una voce.
O come un giglio.
Per colui che porta la pena e la lira
sei il sole che illumina la strada.
Equivali a tutte le bellezze,
al colore, alla luce, ai suoni.
O divino liquor della speranza,
dove la perfezione dell'equilibrio
raggiungono l'anima e la materia unite
come il corpo e la luce di Cristo nell'ostia.
E l'anima superiore è dei fiori.
O liquore che hai unito queste anime!
Chi ti gusta non sa di inghiottire
l'essenza dorata del lirismo.

Granada, novembre 1918

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