20 giugno 2018

“La signora del miele” - Fanny Buitrago

dipinto di Kenne Gregoire
“La signora del miele” - Fanny Buitrago
(…)
“Se lasciassi quell’uomo…! Lo sai, ti sposerei senza pensarci due volte. Sei la perfezione in persona e l’unica donna capace di innalzarmi alla vera ispirazione creativa. La curva fatta donna. Il cilindro, la sfera, il cono. E la pelle più calda del mondo.”
Teodora si concentrò sul suo lavoro. Era arrossita, benché avesse ascoltato mille volte l’esagerato elogio dei suoi seni e delle sue rotondità posteriori, con sontuosi dettagli. Misurò la distanza con la mano destra, strizzò un occhio e modellò il germoglio anteriore che ornava il festoso amorino. Duro, roseo, con un’amarena all’estremità. Era destinato alla giovane e sofisticata sposa di un armatore, che leccava dettagli zuccherini davanti agli occhi del vizioso marito – di trent’anni più vecchio – per costringerlo a issare il pistolone assopito dalla noia di un precedente matrimonio.
“Ispirazione!” ululò Amiel. “E’ l’unica cosa di cui ha bisogno un artista! Vera ispirazione.”
“Per quanto mi riguarda, ha carta bianca. Vada avanti… Si ispiri! Mi tocchi se vuole. Lo sa, ho perso molti chili per piacere a don Galaor. E anche in omaggio all’arte. Continui… continui… si accomodi.”
Teodora, nuda sotto il camicione da lavoro, aprì le gambe, mentre il dottor Amiele avanzava verso di lei. le palpava le cosce e si inginocchiava ai suoi piedi con le mani anelanti.
“Non mi spiego come ti sia presa un simile peso morto.” Lui parlava da sotto la gonna. “Scommetto che quello stupido bellone di Galaor Ucròs non è all’altezza di una vera femmina come te. O mi sbaglio?”
Teodora non ritenne necessario rispondere a domande oziose. Tanto il dottor Amiel che gli altri abitanti del suo paese sapevano tutti di lei. Tutto e altro ancora. Come quando aveva ricevuto quel meraviglioso incarico. Quel compito unico. Avere cura del giovane, evitargli fastidi, rimanergli accanto. Amarlo smisuratamente.
Era talmente assorta nei suoi ricordi che neppure sentiva le mani e le labbra di Manuel Amiel che le bevevano i succhi della vita.
(…)
Traduzione di Antonella Donazzan

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