19 giugno 2018

da “I biscotti di Baudelaire” - Alice Toklas

Bev Jozwiak - Sous Chef
da “I biscotti di Baudelaire” - Alice Toklas
In autunno c’erano un sacco di verdure da cuocere. Per le prime verdure crude aspettavamo che maturassero i pomodori. Né io né Gertrude Stein amavamo molto le radici crude, o gli spinaci in insalata. Spinaci e acetosella potevano esser colti presto. Il secondo o il terzo anno a Bilignin tirai su tutta l’acetosella e ne lasciai una sola pianta. L’acetosella non è particolarmente buona, ma qualche foglia tritata su un’insalata mista le conferisce un buon aroma. È ottima anche tritata finemente e cosparsa su un piatto di pesce freddo.
Nei giorni del mio apprendistato, la buona Madame Roux veniva spesso nell’orto, interrompendo il lavoro di lavatura e stiratura per darmi ottimi consigli, con molto tatto. Feci tesoro di ogni sua parola. Fu soltanto ai tempi dell’occupazione, però, che, ebbe la soddisfazione di vedere i risultati dei suoi suggerimenti. Degli spinaci neozelandesi, per esempio, mi disse che avevano bisogno di molto concime, e il concime migliore era la crème de la crème, e quando si accorse che non avevo la minima idea di cosa stesse parlando, mi spiegò trattarsi, semplicemente, degli escrementi di maiale. La mattina dopo arrivò nell’orto con una grossa carriola colma del suddetto concime, e trovammo subito spazio per due file di spinaci. Gli spinaci neozelandesi hanno foglie piccole e spesse, a forma di edera, e la pianta tende ad arrampicarsi e a strisciare. Nel Bugey cresce su paletti, ma è capricciosa e ribelle. Deliziosamente teneri, è meglio cuocerli senza l’aggiunta di acqua. Dieci minuti in una casseruola coperta, poi li si scola, li si mette sotto il rubinetto dell’acqua fredda e li si scola di nuovo, li si strizza e li si rimette ad asciugare nella pentola: ecco il modo giusto di cucinarli. Poi si aggiunge un po’ di sale e panna acida o burro in quantità. Mezzo cucchiaino di sale e un pizzico di noce moscata o di zenzero macinato daranno il necessario aroma alla verdura. Non a tutti piacciono gli spinaci, ma questa ricetta ha sedotto parecchi miei amici.
Tutti gli anni una gentile amica mi mandava dagli Stati Uniti un sacchetto di semi di granturco dolce, coltivati e raccolti da sua madre. Era una vera festa per noi. A quei tempi in Francia il granturco da tavola non esisteva. I francesi lo coltivavano solo per gli animali, nel Bugey lo davano alle galline. Quando si seppe che lo coltivavamo per mangiarlo, ci bollarono come selvagge. Nessuno dei nostri amici impazzì per le pannocchie tenere che facemmo loro assaggiare. Ma restarono tutti a bocca aperta e piacevolmente sorpresi davanti ai pomodori giganti, non solo rossi, ma gialli e bianchi e alle enormi melanzane cinesi, che riuscivano a contenere mezzo chilo di ripieno.
Vedemmo il gombo per la prima volta nell’orto di Méraude Guevara nel sud della Francia e piantammo subito i semi anche a Bilignin. Le piante prosperarono in modo quasi allarmante. Non riuscimmo a mangiare nemmeno metà del raccolto di gombi e non potevamo permetterci di tenere nemmeno la metà dei polli coi quali cucinarli. In una cittadina così piccola e lontana dal mare come Belley c’erano poche aragoste e granchi. Cominciammo quindi ad usare i gombi per cucinare pesci di acqua dolce, carne di vitello e stufati di verdure.

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