2 giugno 2018

Il 2 giugno 1946 si svolse il referendum sulla forma istituzionale dello Stato

Il 2 giugno 1946 si svolse il referendum sulla forma istituzionale dello Stato
 
Il 2 giugno 1946 si svolse il referendum sulla forma istituzionale dello Stato, che con il voto popolare condusse alla nascita della Repubblica e alla elezione di un’Assemblea Costituente, a conclusione di un complesso periodo di transizione segnato dalle azioni di movimenti e partiti antifascisti e dall’avanzata degli alleati in un Paese diviso e devastato dalla guerra.
Gli italiani, e per la prima volta le italiane, convocati alle urne per scegliere tra Repubblica e Monarchia e per eleggere i deputati dell’Assemblea Costituente cui spetterà il compito di redigere la nuova carta costituzionale, furono chiamati a cooperare alla fondazione di una idea di cittadinanza repubblicana che trovò nella Costituzione una delle massime espressioni.
Esaurito il ventennio di dittatura fascista, per la prima volta la società italiana viveva l’esperienza di libere elezioni a suffragio universale maschile e femminile, seppure in un Paese allora ancora profondamente diviso sulla questione istituzionale.
Nel 1946 gli aventi diritto al voto erano 28 milioni (28.005.449), i votanti furono quasi 25 milioni (24.946.878), pari all’89,08%. I voti validi 23.437.143, di questi 12.718.641 (pari al 54,27%) si espressero a favore della Repubblica, 10.718.502 (pari al 45,73%) a favore della Monarchia.
I giornali, e il dato è confermato dai risultati diramati dal Ministero dell’Interno, registravano un’affluenza alle urne che di provincia in provincia variava dal 75% al 90% degli aventi diritto.
Il passaggio dalla monarchia alla Repubblica avvenne in un clima di tensione, tra polemiche sulla regolarità del referendum, accuse di brogli, polemiche sulla stampa, ricorsi e reclami.
In virtù dei risultati ed esaurita la valutazione dei ricorsi, il 18 giugno 1946 la Corte di Cassazione proclamò in modo ufficiale la nascita della Repubblica Italiana.
L’Italia cessava di essere una monarchia e diventava una Repubblica.
Il 2 giugno 1946 gli italiani votarono anche per l’Assemblea costituente. Il risultato elettorale vide l’affermazione dei tre grandi partiti di massa: la Democrazia cristiana conquistava la maggioranza relativa dell’Assemblea (35,21 %), mentre il Partito socialista e il Partito comunista raggiungevano insieme il 39,61 %. I tre maggiori partiti ottenevano complessivamente circa il 75% dei suffragi. Si affermavano le forze politiche legate alla tradizione popolare del movimento cattolico e del movimento socialista. Le elezioni evidenziavano anche il massiccio ridimensionamento delle forze di ispirazione liberale, che sino all’avvento del fascismo avevano dominato la vita politica nazionale.
Le donne ebbero un ruolo ed un peso determinanti, votarono infatti 12.998.131 donne, contro 11.949.056 di uomini.
Sui banchi dell’Assemblea Costituente sedettero le ventuno “prime parlamentari”, denominate, allora, “Madri Costituenti”, assai attente a non deludere le speranze delle italiane, comprese le aspettative delle donne che da partigiane, staffette, antifasciste avevano contribuito alla Liberazione. Delle Costituenti, nove provenivano dalla DC (Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Filomena Delli Castelli, Maria De Unterrichter Jervolino, Maria Federici Agamben, Angela Gotelli, Angela Maria Guidi Cingolani, Maria Nicotra Verzotto, Vittoria Titomanlio), nove dal PCI (Adele Bej Ciufoli, Nadia Gallico Spano, Nilde Jotti, Teresa Mattei, Angiola Minella Molinari, Rita Montagnana Togliatti, Teresa Noce Longo, Elettra Pollastrini, Maria Maddalena Rossi), due dal PSIUP (Angelina Merlin e Bianca Bianchi) ed una dal partito dell’Uomo Qualunque (Ottavia Penna Buscemi). Cinque di loro sarebbero entrate nella “Commissione dei 75”, incaricata di scrivere la Carta costituzionale: Maria Federici, Angela Gotelli, Tina Merlin, Teresa Noce e Nilde Jotti.
Trent’anni più tardi, Nilde Jotti sarebbe stata la prima donna a ricoprire, per tre legislature, dal 1979 al 1992, la carica di Presidente della Camera dei deputati, una delle cinque più alte cariche dello Stato mai ricoperte precedentemente da una donna.

“E le italiane – avrebbe scritto Tina Anselmi, ricordando il 2 giugno - fin dalle prime elezioni, parteciparono in numero maggiore degli uomini, spazzando via le tante paure di chi temeva che fosse rischioso dare a noi il diritto di voto perché non eravamo sufficientemente emancipate. Non eravamo pronte. Il tempo delle donne è stato sempre un enigma per gli uomini. E tuttora vedo con dispiacere che per noi gli esami non sono ancora finiti. Come se essere maschio fosse un lasciapassare per la consapevolezza democratica!”;

da Quirinale.it

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